I trapianti di isole pancreatiche potrebbero diventare più sicuri

Un farmaco italiano (ancora in sperimentazione), mira a ridurre il rischio di rigetto

(CORRIERE DELLA SERA.IT) – INNSBRUCK , 7 FEB. 2012 – Arriva dalla ricerca italiana un farmaco-svolta per la cura del diabete giovanile, quello di tipo I, che colpisce circa 500 mila under 14 nel mondo (circa 20 mila in Italia) e oggi, più di qualche anno fa, a volte anche gli adulti. Una forma ritardata, più rara, ma in aumento. C’è una componente genetica recessiva che a volte esprime la malattia in età adulta: un diabete 1,5. Una nuova molecola (reparixin), frutto della ricerca Dompè, ha infatti dimostrato di migliorare l’efficacia del trapianto di cellule (isole) pancreatiche, nuova frontiera per la cura di tale patologia. I risultati della sperimentazione clinica di fase II sono stati presentati a Innsbruck, in occasione del Congresso internazionale Aidpit-Epita, appuntamento della comunità scientifica per l’approfondimento sul trapianto di isole. L’interesse è stato massimo.

LA NUOVA MOLECOLA- Oggi, grazie alla nuova molecola, è possibile ridurre significativamente le frequenti reazioni infiammatorie ed il potenziale rigetto delle isole trapiantate. Ma ancora più importante è il dato che riguarda due dei pazienti sottoposti alla sperimentazione internazionale: sono diventati totalmente indipendenti dalle iniezioni di insulina. Attualmente, sono 10 i malati in trattamento con la nuova molecola. Lo studio internazionale di fase III (che riguarderà circa 60 giovani con diabete di tipo I trapiantati con le isole) parte quest’anno.

IL DIABETE GIOVANILE – Il diabete giovanile di tipo I, che è la più diffusa tra le malattie croniche pediatriche, porta ad una rapida distruzione delle cellule pancreatiche che producono insulina a causa di un’anomala reazione del sistema immunitario. Chi ne soffre non può sopravvivere senza iniettarsi quotidianamente insulina sufficiente a mantenere nella norma la sua glicemia. Alla lunga, varie possono essere le complicazioni ed in questi casi il trapianto di pancreas è stata finora la procedura di riferimento. Negli ultimi anni si è affermato un più efficace metodo, messo a punto dal diabetologo italiano Camillo Ricordi, che dirige il Diabetes Research Institute e il Centro trapianti cellulari dell’università di Miami: il trapianto di sole isole pancreatiche (le cellule del pancreas che producono insulina) da donatore nel fegato del ricevente attraverso una semplice infusione in vena. Il fegato subentra così al pancreas iniziando a produrre insulina. Il rigetto è però una possibile complicazione e non sempre le isole trapiantate riescono a sostituire del tutto la funzione del pancreas. Si riduce la quantità di insulina da iniettare dall’esterno ma non si riesce ad abolirla del tutto. A volte, poi, occorre ripetere il trapianto dopo qualche anno.

STAMINALI EMBRIONALI – Con il nuovo farmaco, invece, sembra di molto migliorare l’attecchimento delle isole donate. Fino ai due giovani divenuti insulina-free. «I risultati ottenuti con la nuova molecola – commenta Lorenzo Piemonti, coordinatore del test clinico sul nuovo farmaco e co-direttore del programma Trapianto di isole del San Raffaele Diabetes Research Institute di Milano – sono incoraggianti sul fronte del consolidamento del trapianto di isole pancreatiche, ma possono anche rappresentare una prospettiva per l’identificazione di una terapia in grado di prevenire la distruzione delle cellule che producono insulina all’esordio del diabete giovanile». Dello stesso parere Ricordi, che però va oltre e parla anche di staminali embrionali: «Dovrebbe partire nel 2012 negli Stati Uniti il primo test clinico sull’uomo con cellule staminali embrionali per la cura del diabete. Il via alla sperimentazione sull’uomo arriva dopo l’esame dei risultati ottenuti nella sperimentazione su cavie animali. Nei topi – spiega Ricordi – si sono ottenuti dei buoni risultati: si è osservato che le staminali embrionali sono infatti riuscite a curare il diabete negli animali sottoposti alla sperimentazione». Anche se Ricordi aggiunge: «Ritengo più opportuno, in questo campo, l’utilizzo di cellule staminali adulte, con le quali stiamo ottenendo passi avanti importanti; questo non per motivazioni di carattere etico, ma perché con il trapianto di staminali adulte, prelevate dal paziente stesso, si eliminerebbe il grave problema del rischio di rigetto. Rischio che invece sussisterebbe comunque nel caso di staminali embrionali». E il nuovo farmaco italiano potrebbe rappresentare una svolta anche nel campo delle staminali.

Comments are closed.