Il trapianto dalla parte di una mamma

Finalmente nasce Pietro!
Dopo una buona gravidanza, i controlli ecografici nella norma e un parto abbastanza tranquillo è nato mio figlio.
Ma…. già al secondo giorno di vita qualcosa non va… i medici dell’Ospedale Civile di Brescia sono preoccupati per le feci strane e la bilirubina diretta così alta.
Eppure Pietro è un batuffolo di 3.150 Kg, si attacca subito al seno e ama stare in braccio alla mamma, insomma il lavoro normale di un neonato.
Ci dimettono dopo 10 giorni in cui il piccolo è stato esaminato da capo a piedi e i medici ci dicono che probabilmente il suo fegato ha problemi e ci chiedono di poter ricontrollare il bambino dopo un mese.
Iniziano le paure sulla sua salute e contemporaneamente inizia la vita di Pietro tra pappa-nanna-coccole-cambi e notti insonni.
Al controllo successivo già la diagnosi ATRESIA DELLE VIE BILIARI.
A due mesi di vita il primo intervento… tanti prelievi, esami e 8 ore per togliergli il coledoco con la speranza che malato fosse solo quel canale, invece ormai il fegato era già compromesso ed inevitabilmente le vie biliari si atrofizzavano di conseguenza la bilirubina rimaneva nell’organo e lo mandava in cirrosi.
Unica soluzione, unica speranza: il trapianto di fegato.
A 4 mesi abbiamo portato Pietro agli Spedali Riuniti di Bergamo. Mi tremavano le gambe e una sorta di nausea rimaneva costante per la preoccupazione del futuro, per la stanchezza post parto, per l’allattamento al seno, per le notti passate a consolare mio figlio che mangiava ma non assimilava, che aveva prurito per la bilirubina in circolo e vedere inesorabilmente il suo corpicino dimagrire, colorarsi di bronzo e la sua pancina aumentare per l’ascite.
Il sorriso dei sanitari di Bergamo quando ci hanno accolto nel day hospital già mi consolava e la loro preparazione su questo tipo di malattia mi ha fatto capire che eravamo in buone mani e mi potevo fidare di loro.
La messa in lista è stata traumatica (come penso per tutti i trapiantati) ho assistito ad ogni esame, controllo, prelievo cercando di consolare il mio bambino per ogni “tortura” inferta.
E’ passata l’estate in attesa di una chiamata sul cellulare, non siamo nemmeno andati in ferie… nonostante l’avanzamento della malattia e la terapia pre-trapianto Pietro si rivela un vero piccolo eroe. Ride, mangia, gioca anche se non ha la forza fisica di fare quello che i suoi coetanei riescono, ma la sua grande energia contagia tutti e diventa per tutti i famigliari, amici, conoscenti una persona da amare.
Una sera di fine settembre arriva la telefonata “Abbiamo un fegato compatibile”. Era già pronto tutto da 3 mesi, bastava caricare in macchina e partire.
La sera e la notte precedenti al trapianto sono stati i momenti più terrorizzanti della mia vita e non me la sento di raccontare (chi ha provato mi capisce) dico solo che la mattina dopo alle 8 un medico ci ha informato che l’organo era sano e compatibile e che era tutto pronto per l’intervento. Ho dato in braccio mio figlio all’infermiera davanti alla sala operatoria e Pietro mi ha guardato con sguardo fiero e mi ha sorriso, da li ho capito che avevamo fatto la cosa giusta.
12 ore di intervento… infinite… impossibili… alle 8 di sera il chirurgo distrutto dallo sforzo ci ha detto che hanno avuto problemi di aderenze, la vena porta da ricostruire… avevano fatto il possibile… speriamo…
Il post-trapianto è stato anche peggio, l’organo non era partito e Pietro era entrato in coma epatico.
Grazie alla esperienza dei medici della terapia intensiva, del reparto trapianti  e dei chirurghi, ma soprattutto a DIO il fegato dopo un paio di giorni è ripartito.
Io e mio marito sentivamo il calore di tutta la gente che era a conoscenza del trapianto, sentivamo la preghiera, sentivamo che Dio ci dava la forza per superare questa esperienza.
Dopo 3 settimane di terapia intensiva siamo riusciti a scendere in reparto dove ci siamo stati altri 2 mesi. Non è stato un periodo facile, da sola tutto il giorno con il piccolo che riusciva a mangiare latte solo con la siringa perché era stato per troppo tempo intubato, non riusciva a muoversi ed era talmente pieno di fili, cannette, flebo che non potevo nemmeno prenderlo in braccio. Fortunatamente l’Associazione Amici delle pediatria aveva volontari che turnavano e potevo lasciare Pietro con loro mentre io riuscivo a prendere un caffè ed una boccata d’aria.
Dopo 2 gravi infezioni, siamo riusciti a tornare a casa per Natale. A 13 mesi Pietro finalmente aveva la forza di stare seduto, lo sguardo di chi non soffre più e una voglia di riprendersi tutto quello che aveva perso. L’anno post-trapianto è stato complicato, gli esami non a posto, una anemia che non si sapeva da cosa era causata e che ritardava il normale sviluppo psico-fisico.
La forza d’animo di Pietro e la voglia di capire dei medici di Bergamo hanno fatto superare anche questo ostacolo.
Ora Pietro a 4 anni, a settembre sono stati 3 anni dal trapianto. Pietro è stupendo, vivace, birichino.
Va all’asilo, fisicamente si è uniformato ai suoi compagni, ora sta facendo passi da gigante anche a livello psico-motorio. Abbiamo avuto grande sostegno da tutti, nessuno ci ha lasciato soli, qualsiasi cosa avevamo bisogno ci è stata data dagli ospedali di Brescia e di Bergamo, dall’ASL di Brescia, dalla scuola dell’infanzia del Comune di Brescia.
Il grande pregio di questa terribile “avventura” è capire quanto vale la vita, quanto è bello ringraziare Dio per ogni giorno che vedo fiorire mio figlio e quando calore, amore e attenzione tutte le persone che conosciamo ci hanno dato spontaneamente.
Al futuro, sinceramente, non ci voglio pensare. Mi impegno ogni giorno a cercare di crescere Pietro con la consapevolezza che dovrà vivere come una persona normale e di non sprecare il dono ricevuto.
Volevo ringraziare, se posso, mio marito che ha lottato e vissuto con Pietro e con me ogni momento di questa esperienza, le nostre famiglie, gli amici e tutti i colleghi di lavoro che si sono impegnati a rendere meno difficile questo periodo; i medici e infermieri di Bergamo e Brescia…splendidi; la pediatra di base di Pietro un supporto preziosissimo e soprattutto i familiari del donatore che con la loro enorme generosità hanno dato la speranza di vita ad un bimbo di 10 mesi.
Infine dedico questo piccola testimonianza a mia mamma, che da poco ci ha lasciato dopo una breve ma devastante malattia, perché ha dato a me un immenso aiuto e a Pietro un amore infinito. Sono sicura che lei è accanto a noi e ai nostri angeli custodi.

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