Trapianto di rene da vivente

TRAPIANTO DI RENE POSSIBILE ANCHE DA VIVENTE

Chi può donare un rene?
Per poter effettuare un trapianto è necessario avere a disposizione un RENE da utilizzare a questo scopo. Il donatore può essere una persona deceduta oppure vivente. Nel primo caso si parlerà di “trapianto da donatore deceduto”, nel secondo caso di “trapianto da donatore vivente”.

Chi può donare un rene quando è ancora vivente?
Tutte le persone sane con età non superiore a 75-80 anni possono essere possibili donatori viventi di rene.
Per poter fare una donazione, la persona deve essere giudicata “sana” dopo accurati esami. In particolare, non deve essere affetta da malattie croniche polmonari, epatiche, cardiache, vascolari o metaboliche – come ad esempio il diabete – non deve essere ipertesa e la funzione dei reni e l’esame delle urine devono essere nella norma. Deve inoltre essere in possesso della capacità di intendere e volere e non avere malattie trasmissibili tipo tumori o infezioni, come l’epatite B, l’epatite C o l’infezione da virus dell’AIDS.
Stabilire I’idoneità di una persona a donare uno dei due reni richiede una valutazione meticolosa che comporta l’esecuzione di esami di laboratorio e radiologici, e dura generalmente 3-4 mesi.
Tutti questi esami, anche i più costosi, sono completamente a carico del Sistema Sanitario Regionale e quindi esenti dal pagamento del ticket.

Un donatore vivente, a chi può donare Il proprio rene?
Questo è un aspetto molto importante e merita di essere letto con attenzione. In base alla legge vigente (n°458, 26 giugno 1967; art 1 e 2) non è necessario che ci sia un grado di parentela tra donatore e ricevente, e quindi una donazione può avvenire anche tra conoscenti. Nella realtà, la situazione è però più complessa.
La legge prevede, infatti, che venga sempre accertata la spontaneità della donazione per escludere qualsiasi forma di commercio, assolutamente proibita dalla nostra legislazione. Per questo motivo, le procedure previste sono molto rigide e controllate da una Commissione Regionale, definita “parte terza”, che ha il compito di confermare l’idoneità psicologica del donatore e di escludere qualsiasi forma di coercizione. É evidente che documentare la spontaneità di una donazione d’organo può essere molto difficile, specie quando tra donatore e ricevente esista un semplice rapporto di conoscenza o di amicizia. Proprio per questo tipo di difficoltà, la donazione tra amici o conoscenti è difficilmente proponibile.
In Italia, la donazione da vivente più praticata e conosciuta è quella tra soggetti consanguinei, cioè tra padre e figlio, tra fratelli, tra zio e nipote, ecc. In questo ambito, non esistono particolari ostacoli procedurali per la facilità a  dimostrare la spontaneità della donazione.
Comunque, anche questi casi ”facili”, vengono di regola valutati dalla Commissione Regionale “parte terza”.
Durante gli ultimi 15 anni anche in Italia, come all’estero, e diventata sempre più frequente la donazione di rene tra coniugi, cioè tra marito e moglie. Si tratta di una donazione tra soggetti non consanguinei, ma comunque di facile attuazione dal punto di vista procedurale, per il particolare legame affettivo che esiste tra chi dona e chi riceve. In questo ambito, anche la donazione tra conviventi da almeno tre anni non incontra particolari difficoltà.

Quali rischi può incontrare un donatore di rene vivente?
Chi dona un rene può avere due tipi di problemi:
- quelli derivanti dall’intervento chirurgico di prelievo;
- quelli derivanti dal dover vivere per tutto il resto della vita con un rene solo.
Chi accetta di donare un rene, ma anche chi accetta di riceverlo, deve sapere che l’intervento chirurgico per il prelievo del rene è molto più sicuro che in passato, tuttavia ancora non completamente esente da possibili complicanze. Secondo i dati del registro statunitense dell’UNOS (riferiti a 10.828 interventi eseguiti tra il 1999 ed il 2001), la mortalità perioperatoria dopo prelievo di rene è molto bassa, pari a 0,03% (3 decessi ogni 10.000 interventi). Le complicanze più frequenti possono essere: necessità di reintervento 0,4%: pneumotorace 0,09%; sanguinamento 0,25%; rabdomiolisi 0,12%. Si tratta di incidenze molto basse, perfino inferiori a quelle osservate dopo molti dei più comuni interventi chirurgici. Inoltre, negli ultimi 5 anni, le tecniche di prelievo si sono ulteriormente affinate. Ed è quindi probabile che le stime sopra riportate siano superiori a quelle reali.
Un altro aspetto molto importante, che per molti anni ha frenato il nefrologo nel consigliare un trapianto da vivente, è dato dal fatto che il donatore dovrà vivere con un solo rene per il resto della propria vita. Il dubbio di molti nefrologi riguardava la possibilità che la condizione di rene unico potesse causare, nel corso degli anni, un aumento della pressione arteriosa, una insufficienza renale cronica ed un aumento della proteinuria, in altre parole che potesse essere dannosa per il donatore.
Oggi possiamo dare una risposta a questo importante timore. La quasi totalità delle casistiche internazionali sono concordi nel sostenere che la presenza di un solo rene NON AUMENTA la probabilità di malattia nel donatore. Un autore americano, ha recentemente pubblicato uno studio riguardante il decorso di 198 donatori di reni seguiti per 20-29 anni. Di questi, il 36% ha sviluppato ipertensione arteriosa e n l’11% lieve proteinuria, ma la funzione renale, media è sempre rimasta nella norma. Una recente esperienza egiziana ha documentato in 339 donatori di rene, osservati per una media di 10 anni, la comparsa di insufficienza renale cronica di medio grado nello 0,9% dei donatori, di proteinuria lieve (>0,3 gr/die) nel 1,5% dei donatori e di ipertensione arteriosa nel 22,1% dei pazienti. Queste incidenze risultano pari, se non inferiori, a quelle osservate nella popolazione generale.

Quando fare un trapianto da donatore vivente?
Il trapianto da donatore vivente può essere fatto a pazienti in dialisi da pochi mesi o da molti anni, ma, e questo è molto importante, può essere eseguito anche prima di iniziare la dialisi. Mentre per un trapianto da donatore deceduto è spesso necessario attendere alcuni anni. il trapianto da donatore vivente non necessita di alcuna attesa, poiché il paziente “corre da solo”. Infatti, disponendo di un proprio donatore, i medici possono programmare il trapianto ed effettuarlo nel momento più opportuno, anche prima di iniziare la dialisi. Quest’ultima è chiaramente un’opportunità eccezionale perché evita al malato lo sconforto della dialisi e tutti i disagi e le complicanze ad essa associati.
La possibilità di programmare l’intervento di trapianto semplifica inoltre le procedure e le rende anche più sicure.
Per quanto riguarda il problema delle liste di attesa, ricordiamo che a fine 2007, 220 pazienti erano in attesa di un trapianto da donatore deceduto presso il nostro Centro all’Ospedale Civile di Brescia. Solo il 10% di questi pazienti riceverà un trapianto entro il primo anno di attesa il 50% entro 3 anni e l’85% entro 5 anni. Purtroppo, alcuni pazienti dovranno attendere anche per   7-10 anni.

I risultati del trapianto di rene da donatore vivente
Tutti gli studi clinici riconoscono al trapianto da donatore vivente una probabilità di successo decisamente superiore a quella ottenuta con reni provenienti da donatori deceduti. In termini percentuali il trapianto da donatore vivente aumenta di circa il 15% il numero di pazienti con rene ancora funzionante dopo 9 anni.
Sappiamo che la durata di attesa in dialisi peggiora i risultati del trapianto e quindi, più un paziente aspetta in dialisi e più la probabilità di successo del trapianto diminuisce. Questo spiega perché chi riceve un trapianto prima di iniziare la dialisi (detto pre-emptive) gode dei migliori risultati. Dopo 10 anni, circa 1’80% dei pazienti che riceve un trapianto da donatore vivente prima di iniziare la dialisi ha un rene ben funzionante. AI contrario, questa percentuale si riduce a meno del 50% quando il trapianto venga effettuato dopo due anni dall’inizio della dialisi.
Quindi in termini di risultati si può fare la seguente classifica:
1°; il trapianto da vivente prima di iniziare la dialisi;
2°; il trapianto da vivente dopo aver iniziato la dialisi;
3°; il trapianto da donatore deceduto-

Impedimenti al trapianto da vivente
Esistono purtroppo alcune condizioni che impediscono la donazione nonostante il donatore risulti disponibile. A parte il riscontro delle malattie sopra citale, le principali ragioni di impedimento sono:
1-    la presenza di un gruppo sanguigno donatore/ricevente non compatibile;
2-    la presenza nel ricevente di anticorpi contro il rene del donatore.
Per molti anni queste due condizioni hanno rappresentato un ostacolo invalicabile alla donazione, ma oggi esistono programmi diretti dal Centro Nazionale Trapianti che possono offrire una possibile soluzione anche a questi due problemi
Il trapianto da donatore vivente in italia
Purtroppo, in Italia vengono eseguiti pochi trapianti da donatore vivente: questi rappresentano infatti solo il 7-10% di tutti i trapianti effettuati annualmente. Questa bassa percentuale dipende probabilmente dal fatto che in questi anni, il Centro Nazionale Trapianti è stato impegnato soprattutto a sviluppare l’attività di donazione da persone decedute. Diversa è la situazione in altri paesi: negli USA, ad esempio, il numero dei trapianti da donatore vivente è aumentato da 3009 unità nel 1994 a 6467 nei 2003, inoltre nel 2001 il numero dei trapianti da donatore vivente ha superato quello da donatore deceduto.

Alcune Informazioni generali
Le normative italiane non prevedono particolari forme di tutela assicurativa per i donatori, ad eccezione della esenzione dalla partecipazione alte spese sanitarie (ticket) per lutti gli esami connessi alla donazione; l’esenzione dal ticket è attualmente codificata dalla sigla “T01″.
Tutti gli accertamenti clinici preliminari alla donazione vengono generalmente eseguiti in regime ambulatoriale senza alcuna spesa da parte del donatore, ad eccezione di eventuali esami o visite che il candidato scelga di eseguire privatamente presso medici di fiducia. Per quanto riguarda la giustificazione dell’assenza dal lavoro per l’esecuzione degli esami e poi per il ricovero e la convalescenza valgono le regole previste dallo statuto dei lavoratori.
L’asportazione di un rene comporta il riconoscimento di una invalidità civile pari al 25% indipendentemente dalla causa per cui sia stata eseguita (malattia o donazione).
Questa percentuale di invalidità civile non comporta benefici per l’interessato, quali collocamento al lavoro in liste preferenziali, pensioni o assegni di invalidità, non ha inoltre alcuna incidenza sulla capacità lavorativa del soggetto, cioè non si ritiene che possa ridurla in alcun modo. Questo significa che il donatore non può pretendere agevolazioni né può subire una diminuzione delle mansioni lavorative.

Conclusioni
Gentile Signora/e, il trapianto di rene rappresenta la migliore terapia della sua malattia. Oggi ha appreso che si tratta di una procedura che può essere fatta utilizzando un donatore vivente o deceduto. Poter disporre di un donatore vivente le permetterebbe di effettuare un trapianto, oltre che in tempi rapidi, anche più sicuro e più duraturo. Tutto questo, senza particolari rischi per il suo donatore.

Qualora fosse interessata/o od approfondire gli aspetti di questa procedura (trapianto da vivente) potrà rivolgersi al nefrologo che la sta assistendo che le darà tutte le informazioni necessarie e la porrà in contatto Con:

Nefrologia – Sezione Trapianto di Rene A.O. Spedali Civili di Brescia
Piazza Spedali Civili 1, 25123 Brescia Tel: 030-3995645 o 030-3995881

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