Una spremuta pericolosa

UNA SPREMUTA PERICOLOSA

Nuovi dati confermano che il pompelmo va bevuto a distanza dalle medicine perché può aumentarne o diminuirne gli effetti.
Inghiottire una pillola con del succo di frutta può rendere più piacevole il gesto di assumere un farmaco. A meno di essere golosi di pompelmo. L’American Journal of Noursing ha rinnovato un allarme che i medici hanno presente da tempo: bere il succo di questo frutto o mangiarne grandi quantità mentre si sta seguendo una cura con farmaci è una pratica che può nascondere insidie.
Le sostanze contenute nel pompelmo sono trattate nel fegato dagli stessi enzimi che trasformano i far­maci rendendoli assimilabili dall’organismo.
Il pompelmo però non rispetta la coda: ha la prece­denza sul resto, con il rischio che i farmaci continuino a circolare nel sangue nell’attesa che il fegato si liberi. Si può cosi determinare un pericoloso accumulo di sostanze farmacologiche.
Secondo quanto scrive la pubblicazione “Medical Letter”, il pompelmo, oltre ad aumentare la tossicità di alcuni farmaci, può bloccare o ridurre l’effetto.
Le possibili conseguenze dipendono dalle sostanze coinvolte. Una donna che prende la pillola potrebbe essere a rischio gravidanza; mentre chi ha la pressione alta rischia di non riuscire più a controllarla con la terapia farmacologica. Gli effetti maggiori si osservano facendo interagire il pompelmo con le statine, i farmaci che controllano il colesterolo: mentre il fegato e impegnato a smaltire il frutto possono alzarsi pericolosamente i livelli nel sangue di queste sostanze con conseguenti danni ai reni. Gli infermie­ri statunitensi si sono allarmati proprio quando un uomo è morto dopo aver iniziato ad assumere grandi quantità di pompelmo contemporaneamente ai far­maci contro il colesterolo.
Informazioni “La possibile interazione del pompel­mo con farmaci e nota da tempo”, sottolinea Amy Karch, della School of Nursing dell’University of Ro­chester Medicai Center “tuttavia sono cosi tante le informazioni che arrivano al pubblico, che spesso le persone se ne dimenticano. È bene che medici, infermieri e farmacisti lo ricordino in continuazione ai pazienti

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